II, Theaterstücke 9, (Der grüne Kakadu. Drei Einakter, 3), Der grüne Kakadu. Groteske in einem Akt, Seite 317

Der
ruene Kakadu
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9.3. Dei a ee eeeee
ti prevalentemente tecnici: ché a reci¬
tar benc s’impara, ma non s’insegna.
Indispensabile tale scuola per gli allievi
registi perché imparino prima di ogni
altra disciplina la dizionc e il rispetto
per la recitazione.
II regista che si accinge allo studio
di un'opera d’arte, la penctra lenta¬
mente lnché la sente tutta come una
sinfonia e le diverse parti come temi
melodici. La penetra, finché la inter¬
preta dentro di sé interamente. II regi¬
sta italiano non commette Verrore di
alcuni maestri d’oltr'Alpe, non fa cioe
del sopracolore, inia si pone in umiltä
a servire la pocsia.
Quand’egli ha interpretato l’ope¬
ra, con un processo interiore cui oc¬
corrono doti evidenti d’ispirazione, il
7 pappagallo verde di A. Schnitzler, interprgisto da Moissi. (Regia di Guido Salvini).
regista ne ha gia scoperta l'intima es¬
senza, c quindi lo stile. Lo stile é la
cura del generale; guai a perderlo di vista nella cura dei
M’imbattei una volta in un modesto attore che aveva
particolari. A questo punto il regista ha individuato le
pero la qualità di essere bilingue, di poter recitare insomma
con la stessa facilità in francesc c in italiano. Volli tentare
posizioni principali, cioc alcuni capisaldi del movimento
scenico dei suoi personaggi, che costituiscono i valori pla¬
un esperimento per rendermi conto di questa profonda dif¬
ferenza fra le duc tecniche c della maggior difficoltà della
stici di quelle scene che la sua sensibilità ha piu pronta¬
mente assimilate. Le posizioni suggeriscono la pianta sce¬
recitäzione italiana. II mio uomo si preparó scrupolosa¬
nica. La pianta c l'atmosfera poctica degli atti suggeriscono
mente alla lettura della commedia in un atto di Brochet,
Jaint François et le méchant homme sia nell’originale come
la scenografia. Anche al regista che non sia scenografo, sug¬
geriranne sempre il colore dominante e una base architet¬
nella perfetta traduzione che cra stata approntata da Cesare
tonica.
Padovani. Ebbene, il mio uomo, che cra attore italiano, fu
V’échi, dopo aver assimilato il pensicro del pocta, sente
un delizioso attore del testo francese; e rimase invece quel
T’imperioso bisogno d’interpretarlo soggettivamente con la
mediocrissimo attore che cra quando si misc a leggere il
sccnografia. Qui allora entriamo nel campo della metafi¬
testo italiano.
sica; campo allettante ma irto di spine, perché molto spesso
La floritura dei nostri ottimi attori dialettali deriva del
resto da un fenomeno analogo, per quell'adattarsi della
e l’autore stesso che non vuol saperne. Ha paura, ha spesso
lingua a forme impure, ma piu
rispondenti alla fonctica naturale
delle regioni.
La lingua italiana, nella sua
compiutezza attuale, é giovane e
forte come il popolo italiano.
Non & sdrucciolevole come a Ve¬
nezia, o saltellante come a Paler¬
mo, non & chiusa come a Cagliari
0 aperta come a Firenze, non &
cantilenata come a Genova, acu¬
ta come a Torino, larga come a
Roma, sibilante comc a Bologna;
c via dicendo. La lingua italiana,
negata da coloro che insistono a
chiamarla letteraria, ma invece
lingua effettivamente parlata, c
che da sccoli parlano gli attori
italiani, e armoniosa ma forte &
precisa in ogni suo contorno. La
parola italiana & come un'isola
lussureggiante dalle coste che

strapiombano a picco sul mare.
Wersehe
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Da un'isola all'altra non vi sono
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ponti, cqui sta il difficile. Neces¬
R
saria quindi la S muola di Recita¬
Le Nuvole di Aristofane, al Teatro Grcco di Siracusa,
zione se sarà intesa nei suol aspet¬