Liebeler
5. Snenen
box 13/2
1
un posto a se. Ripensando all’epoca
in cul essa nacque — verso i1 1890 —
e alle mode detterarie d’allora, vien
fatto di considerare questa dolce, ae¬
corata e appassionata fanciulla, sul¬
la quale si impernia il dramma inti¬
tolato al suo nome, al tempo stesso
dentroe fuori la tradizione romanti¬
cae verista. C’e chi la riaccoste eu¬
bito alle donne di Goethe — piene di
verità e di poesia — echi, pin tardi,
a quelle di Ibsen. Certo che qualcosa
del divino dono goethiano di dare
alle creature il loro naturale respi¬
ro sembra sopravviva nello Schnit
zler migliore e che in luj il modo di
illuminare l'anima di und donna —
con rapidi ed esperti toccht poetici
sia, come intensità e profondità,
pari a quello di lbsen. Tuttavia non
ci sentiremmo di metter Cristina al
flanco, poniamo, di Mignon o di No¬
ra. Tanto Mignon é misteriosa quan¬
to Cristina & chiara e limpida; e se
in Nora colpisce sopratutto il con¬
trasto tra la complessa e loica na¬
zura e l’infantilità delle azioni, in
Cristina (almeno nei primi due atti
del dramma), invece, la natura
ha piena rispondenza gelle azio¬
ni: ella é una fanciulla inna¬
morata per cui l’amore é insie¬
me vita e poesia, gioia e canto. Ma
sarebbe troppo lungo — e auj fuor
di lnogo — riprendere in esame, al
dume dell’estetica, il personaggio di
Schnitzler. La commedia che lo con¬
tiene ha, ripeto, quasi quarant’anni
di vita; in Italia fu tradotta e recita¬
ta sin dalla fine dell’ottocento e nel¬
la letteratura drammatica tedesca
gia fa testo. Esaminarla particolar¬
mente comporterebbe un lungo di¬
scorso. E, purtroppo, il tempo stringe.
Vediamo piuttosto di dir qualcosa
della muova interpretazione. Nella
parte di Cristina — cara a una gran¬
de attrice mostra — ieri sera si ci¬
mento una giovanissima attrice ded¬
la quale, fin da quando esordi pochi
mesi or sono, avevo sentito dire un
gran bene. Mi ero preparato, percio,
a una delusione, che, per fortuna,
non ebbi. La signorina Palmer ha
un temperamento vivo e genuino.
Forse per sostenere parti di tanta
importanza ella é ancora immatura
(ieri sera qua e là mi parve la sua
recitazione desse nel dilettantesco)
ma non so quante attricj d’oggi po
trebbero starle a paro per grazia e
spontaneità di stile. Erse nel primo
atto la trovai un po' troppo esagi¬
tata, un tantino falsa e fuor di to¬
no, nel secondo e nei terzo elle eb¬
be accenti, gesti ed espressioni cosi
appropriati al personaggio e felich
da stupirmi. La fortuna di questa
giovine attrice é di non risentire di
nessuna scuola e di nessun modello
(eccetto, forse di Emma Gramatica
alla quale assomiglia un po“ nel fi¬
sicoe nelle intonazioni) di avere
una personalità sua, inconfondibile.
Si guardi dal guastarda, si studi di
recitare con maggiore semplicità e
mondi il suo stile di certe scorie che
ne turbano il nitore. Per il resto la¬
sci fare al tempo e all’esperienza:
col suo cuore e col suo ingegno an¬
drà Jontano.
Degli altri i meglio mi parvero il
Geseri e la Riva. Quello nella par¬
*
te del padre, questa di una donnetia
melliflua e ficcanaso furono sponta¬
nei insieme ed efficacissimi. L’Oppi,
invece, e i1 Biliotti, li avrei voluti
meno caricati e funerei e pin
glovani. Nel dramma Fritz é uno
asnob. (personaggio caro allo
Schnitzler, sul quale moltj critici gli
rimproverarono di aver froppo insi¬
stito) e uno esnob s, anche nei casi
piu gravi della vita (esempi ce ne
sono a centinaia), se non altro per
la platea, serba un contegno piutto¬
sto freddo che, come l’Oppi fece,
tremante e sperduto.
Molto bella la messa in scena d
Pietro Scharoff sopratutto per certi
particolari di sfondoe di contorno
che dettero subito il tono dell'am¬
biente e dell’epoca. Ma nel primo at¬
to il ritmo della recitazione e l’effi¬
cacia del quadro mi sembrano im
Ipo' allentati e smorzati appunto da
un soverchio gusto calligrafico del
direttore. v II troppo storpia; dice
im vecchio proverbio italiano. Che
vale anche per i russi.
Vivo fu il successo e molte de Chia¬
mate a ogni calar di slpario.
A. E.
5. Snenen
box 13/2
1
un posto a se. Ripensando all’epoca
in cul essa nacque — verso i1 1890 —
e alle mode detterarie d’allora, vien
fatto di considerare questa dolce, ae¬
corata e appassionata fanciulla, sul¬
la quale si impernia il dramma inti¬
tolato al suo nome, al tempo stesso
dentroe fuori la tradizione romanti¬
cae verista. C’e chi la riaccoste eu¬
bito alle donne di Goethe — piene di
verità e di poesia — echi, pin tardi,
a quelle di Ibsen. Certo che qualcosa
del divino dono goethiano di dare
alle creature il loro naturale respi¬
ro sembra sopravviva nello Schnit
zler migliore e che in luj il modo di
illuminare l'anima di und donna —
con rapidi ed esperti toccht poetici
sia, come intensità e profondità,
pari a quello di lbsen. Tuttavia non
ci sentiremmo di metter Cristina al
flanco, poniamo, di Mignon o di No¬
ra. Tanto Mignon é misteriosa quan¬
to Cristina & chiara e limpida; e se
in Nora colpisce sopratutto il con¬
trasto tra la complessa e loica na¬
zura e l’infantilità delle azioni, in
Cristina (almeno nei primi due atti
del dramma), invece, la natura
ha piena rispondenza gelle azio¬
ni: ella é una fanciulla inna¬
morata per cui l’amore é insie¬
me vita e poesia, gioia e canto. Ma
sarebbe troppo lungo — e auj fuor
di lnogo — riprendere in esame, al
dume dell’estetica, il personaggio di
Schnitzler. La commedia che lo con¬
tiene ha, ripeto, quasi quarant’anni
di vita; in Italia fu tradotta e recita¬
ta sin dalla fine dell’ottocento e nel¬
la letteratura drammatica tedesca
gia fa testo. Esaminarla particolar¬
mente comporterebbe un lungo di¬
scorso. E, purtroppo, il tempo stringe.
Vediamo piuttosto di dir qualcosa
della muova interpretazione. Nella
parte di Cristina — cara a una gran¬
de attrice mostra — ieri sera si ci¬
mento una giovanissima attrice ded¬
la quale, fin da quando esordi pochi
mesi or sono, avevo sentito dire un
gran bene. Mi ero preparato, percio,
a una delusione, che, per fortuna,
non ebbi. La signorina Palmer ha
un temperamento vivo e genuino.
Forse per sostenere parti di tanta
importanza ella é ancora immatura
(ieri sera qua e là mi parve la sua
recitazione desse nel dilettantesco)
ma non so quante attricj d’oggi po
trebbero starle a paro per grazia e
spontaneità di stile. Erse nel primo
atto la trovai un po' troppo esagi¬
tata, un tantino falsa e fuor di to¬
no, nel secondo e nei terzo elle eb¬
be accenti, gesti ed espressioni cosi
appropriati al personaggio e felich
da stupirmi. La fortuna di questa
giovine attrice é di non risentire di
nessuna scuola e di nessun modello
(eccetto, forse di Emma Gramatica
alla quale assomiglia un po“ nel fi¬
sicoe nelle intonazioni) di avere
una personalità sua, inconfondibile.
Si guardi dal guastarda, si studi di
recitare con maggiore semplicità e
mondi il suo stile di certe scorie che
ne turbano il nitore. Per il resto la¬
sci fare al tempo e all’esperienza:
col suo cuore e col suo ingegno an¬
drà Jontano.
Degli altri i meglio mi parvero il
Geseri e la Riva. Quello nella par¬
*
te del padre, questa di una donnetia
melliflua e ficcanaso furono sponta¬
nei insieme ed efficacissimi. L’Oppi,
invece, e i1 Biliotti, li avrei voluti
meno caricati e funerei e pin
glovani. Nel dramma Fritz é uno
asnob. (personaggio caro allo
Schnitzler, sul quale moltj critici gli
rimproverarono di aver froppo insi¬
stito) e uno esnob s, anche nei casi
piu gravi della vita (esempi ce ne
sono a centinaia), se non altro per
la platea, serba un contegno piutto¬
sto freddo che, come l’Oppi fece,
tremante e sperduto.
Molto bella la messa in scena d
Pietro Scharoff sopratutto per certi
particolari di sfondoe di contorno
che dettero subito il tono dell'am¬
biente e dell’epoca. Ma nel primo at¬
to il ritmo della recitazione e l’effi¬
cacia del quadro mi sembrano im
Ipo' allentati e smorzati appunto da
un soverchio gusto calligrafico del
direttore. v II troppo storpia; dice
im vecchio proverbio italiano. Che
vale anche per i russi.
Vivo fu il successo e molte de Chia¬
mate a ogni calar di slpario.
A. E.